La nascita di un quartiere

Fotografia di Toni Garbasso - 1984

1983Tutto è pronto, Roma ha un nuovo quartiere.

È fondato su un’urgenza: servono tanti appartamenti, in poco tempo, a costi ridotti.

È fatto quasi esclusivamente di case popolari, destinate ad accogliere circa 30mila persone.

È lontano dal centro città ed è pensato per essere autosufficiente.

È Tor Bella Monaca, il quartiere più pubblico d’Italia

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Strade larghe, palazzi grigi, prati incolti.

E su tutto, una spessa cappa di desolazione.

È questa la Tor Bella Monaca che abbraccia le speranze di Evelina, di Anna e dei primi abitanti a cui vengono assegnate le case popolari.

Eppure, per molti è l’avverarsi di un sogno, nonostante tutto.

L’esito di un decennio di lotte e rivendicazioni.

A Roma, infatti, tra il 1961 e il 1985, la lotta per la casa rappresenta il fulcro delle tensioni sociali.

Sono anni di blocchi stradali, manifestazioni, cortei, occupazioni. Nel decennio del boom economico, la capitale d’Italia supera i 2 milioni e mezzo di abitanti, 1 milione in più rispetto agli anni ‘50.

Una pressione umana difficile da assorbire: così Roma si ritrova con circa 500 mila persone che hanno bisogno di un alloggio, di cui ben 100 mila vivono in baracche, tuguri, grotte o appartamenti fatiscenti.

Sono i cosiddetti baraccati.

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Rabbia sociale e bisogno dilagante sono i motori di rivendicazioni sempre più pressanti da parte dei ceti sociali spinti ai margini della città. Il loro disagio irrompe nel dibattito pubblico e nelle agende dei governi nazionali e delle amministrazioni locali

Per ottenere qualche risultato, però, ci vogliono oltre due decenni, quelli che vanno dalla legge 167 del 1962, che disciplina gli espropri dei terreni privati da destinare a edilizia pubblica, alla legge 25 del 1980, che stanzia mille miliardi di lire per costruire alloggi popolari in zone ad alta tensione abitativa.

Sono i tasselli che consentono di disegnare anche il Piano di Zona 22, destinato a edificare parte dei campi della Tenuta Vaselli: 188 ettari di agro romano tra le vie consolari Casilina e Prenestina.

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dalla trasmissione “Linea Diretta” di Enzo Biagi, 1984

Intorno allo spazio scelto per il nuovo quartiere, ci sono già degli insediamenti, come Torre Angela e Tor Bella Monaca Vecchia.

Tipiche borgate romane, cresciute fuori da ogni piano a partire dagli anni ’40, fatte per lo più di case basse autocostruite e di strade senza marciapiedi, prive di spazi pubblici e servizi.

Da chi vive quelle zone, l’arrivo dei colossi di cemento non è vissuto come una buona notizia.

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La storia della nascita di Tor Bella Monaca, quindi, è anche la storia dell’incontro difficile tra due mondi che si respingono.

Da una parte gli abitanti delle borgate, in maggioranza migranti del sud Italia o figli di migranti, spaventati che i nuovi arrivi spazzino via quel poco di benessere conquistato negli anni.

Dall’altra, gli abitanti delle case popolari, rifiutati ancor prima di comparire all’orizzonte.

Mi ricordo quando hanno costruito quei palazzoni alti, enormi e mi chiedevo: ma quante persone ci verranno ad abitare qui?
Tante, ma proprio tante.
Pensavo: qui ci invadono tutti.
Per tutto il tempo che hanno costruito, c’era solo polvere nell’aria, il cielo non lo vedevamo più, solo polvere respiravamo.
Bruno, abitante della vecchia borgata di Tor Bella Monaca

Ma chi sono i cittadini della nuova Tor bella Monaca?
Chi sono gli invasori da temere?

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Archivio personale Compagnia delle Bollicine - 1994

Il quadro delle prime assegnazioni di appartamenti fornisce, almeno in parte, una fotografia della popolazione del nuovo quartiere.
I nuclei familiari a cui vengono date le chiavi sono così ripartiti:

Sono donne, uomini, anziani, bambini con alle spalle situazioni di fragilità sociale ed economica. Traiettorie di vita diverse ma stesso punto di caduta: un intreccio di destini all’ombra delle torri.

Cominciano ad arrivare nei primi mesi del 1983.
Entrano nelle loro nuove case sperando in una nuova vita.

Ben presto, invece, si ritrovano a combattere nuove battaglie, in un quartiere che è poco più di una scatola vuota: niente negozi, niente mezzi pubblici, niente presidi sanitari e scuole ancora non attive.

La lotta per la casa diventa lotta per l’abitare.

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